Dono e comunione
“L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza. “ (Benedetto XV, Caritas in Veritate)
“Dare è amore in atto.” (Chiara Lubich)
La condivisione comincia con un gesto, un’azione, che è quella del donare: del mettere qualcosa in comunione con altri.
Cosa significa donare?
Donare è mettere in comunione.
Comunione non come “Cum munio” (insieme per difendersi), ma appunto come “Cum Munus” (insieme per donare).
Comunione, non unione. L’unione addiziona, la comunione moltiplica.
Per essere pronti a donare qualcosa, bisogna essere disposti a perderlo.
Se metto in comunione una penna, poi però al primo che la prende in mano indico come la deve usare, come deve scrivere… allora non l’ho messa in comunione, l’ho solo messa a disposizione: non sono disposto a perderla.
Se sono pronto a perderlo, ne sono distaccato. Se me ne distacco, creo dentro di me quello spazio che mi permetterà di accogliere quello che verrà in maniera incondizionata. Solo così si crea la vera unità, la vera Comunione, quella che trova vita nella distinzione, nella diversità, nell’altro. Solo così il dono è gratuito. Non gratis perché non voglio niente in cambio, ma gratuito: perché il dono è bene in sé.
Il dono è un sistema di scambio fatto di tre atti: Dare, ricevere, ricambiare.
Questi tre momenti si susseguono tra loro a costituire non un circolo chiuso
ma un sistema aperto agli altri:
Centro e fine del dono non è l’oggetto donato, ma la relazione che si instaura tra le persone coinvolte. Il rapporto è inteso non come mezzo o strumento di profitto, ma come bene in sé. La persona è al centro.
Così quella del dono diventa una legge universale che regola i rapporti tra le persone e che ha come scopo principale proprio quello di creare e rafforzare legami.
Questo rapporto che si instaura con il dono può essere definito “di reciprocità”: una relazione intesa non in maniera condizionale o contrattuale (io do qualcosa a me e tu in cambio dai indietro qualcosa a me), ma incondizionale (io do qualcosa a te e mi fido -quindi corro il rischio- che tu a tua volta e a modo tuo possa dare qualcosa a qualcun altro).
Viene da sé che quella del Dono non è un’ovvietà o una buona pratica ma una scelta che nasce da un bisogno, da un desiderio profondo e prioritario: quello di fraternità, di amore fraterno.
Se il dono non parte dall’amore, non sarà mai gratuito, non sarà mai autentico. Come afferma San Paolo nel capitolo 13 della lettera ai Corinzi:
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.”
Alberto Frasineti, Licia Paglione, Bennie Callebault, Luigino Bruni.
Scuola di Economia Civile, Loppiano, Aprile 2015